mercoledì 23 novembre 2011

L’ombra del vento – Carlos Ruiz Zafòn

Rincasai al sorgere del sole, con addosso quell’assurdo vestito e con la sensazione di essere un naufrago sopravvissuto a un’interminabile notte tra le umide strade della città.
Trovai mio padre addormentato in poltrona col suo libro preferito in grembo, il CANDIDO di Voltaire: lo rileggeva un paio di volte l’anno, le uniche volte in cui lo sentivo ridere di gusto.
Lo guardai: era incanutito e la pelle degli zigomi era flaccida. Un tempo mi sembrava invincibile, e ora mostrava tutta la sua fragilità: era uno sconfitto e non sapeva di esserlo. Del resto, forse, lo eravamo entrambi.
Gli rimboccai la coperta che da anni diceva di voler donare a un ente di benificenza e lo baciai sulla fronte, per proteggerlo dalle trame invisibili che lo allontanavano da me, da quell’appartemento modesto e dai miei ricordi.
Avrei voluto che quel bacio ingannasse il tempo, che lo inducesse a non fermarsi, a tornare in un’ altra occasione, in un’altra vita.
L’ombra del vento – Carlos Ruiz Zafòn

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